L’edizione americana di Wired ha pubblicato in questi giorni un articolo del blogger iraniano-canadese Hossein Derakhshan dall’inquietante titolo “Wikipedia’s Fate Shows How the Web Endangers Knowledge” (tradotto letteramente: il destino di Wikipedia mostra come il web metta in pericolo la conoscenza).
A dirla tutta, Wikipedia è citata solo tangenzialmente nell’articolo, la cui tesi afferma che la nostra cultura si è spostata da una preminenza del testo a quella dell’immagine, intesa non solo come foto e video ma proprio come apparenza; la televisione prima e i social network poi hanno messo l’accento sulla gratificazione visiva immediata, e neppure l’enciclopedia libera riesce a contrastare questa spinta, sia per la riduzione del numero di contributori che per la crescita di voci dedicate ai divi televisivi. (Se avesse visto Wikipedia in lingua italiana avrebbe parlato anche dei calciatori: ma il punto non sarebbe cambiato poi di molto).
Leggendo il testo con un po’ più di attenzione, mi pare che Derakhshan si sia comportato come colui che ha in mano un martello e vede tutto intorno a lui come chiodi; oppure se preferite come chi ha una tesi e aggiusta i fatti perché corrispondano al risultato finale che lui vuole.
Giusto per segnalare un paio di punti: è indubbiamente vero che le campagne di fundraising della Wikimedia Foundation hanno sempre toni apocalittici, ma i bilanci effettivi sono solidi; e l’avvento di Trump alla presidenza degli USA non ha cambiato le abitudini dei donatori.
Inoltre il WWW non è nato come sistema testuale ma grafico, usando le workstation NeXT e sfruttando la capacità di banda della rete interna del CERN; il fatto che i primi browser web fossero testuali, come del resto il fatto che gli antecedenti del Web come gopher fossero sistemi testuali, dipendeva solo dal costo delle connessioni dati di allora.
Ma torniamo alla parte che più riguarda Wikipedia.
È assolutamente vero che il numero di contributori è fondamentalmente costante da anni: l’articolo citato da Derakhshan è del 2015 ma basta vedere le statistiche attuali per sincerarsene. Anzi potremmo dire che il 2015 è stato il punto più basso, e poi c’è stata una leggerissima ripresa.
È anche però vero che la conoscenza di base dell’umanità non sta aumentando più di tanto; quello che aumenta – tantissimo – è la conoscenza specializzata. Ma Wikipedia non è il luogo dove si salva la conoscenza nuova! Il suo scopo è essere il punto di partenza per riunire l’informazione esistente e verificata da altri. Questo significa che rispetto ai suoi inizi diventa sempre più difficile trovare argomenti non dico su cui scrivere ex novo ma almeno da migliorare significativamente. Nel bene e nel male, essa è un prodotto della metodologia “good enough”; la si può sempre migliorare, ma spesso il gioco non vale la candela.
Quella che però ritengo più interessante è la dichiarazione della necessità di salvare Wikipedia dal triste fato di diventare il luogo dove “raccogliere e conservare conoscenza che non interessa a nessuno”. In questo caso l’incomprensione è doppia. La prima e più banale è che se qualcuno le scrive e tanti le leggono, quella conoscenza oggi interessa. Magari non interesserà più tra un mese, un anno o dieci anni; ma non è detto. La seconda incomprensione è invece legata come capita spesso alla concezione ancora “cartacea” di un’enciclopedia. Mentre lo spazio occupato da un certo numero di tomi è quel che è, e richiede un’attenta valutazione di cosa si può mettere e cosa no, lo spazio su Wikipedia è praticamente illimitato e si può mantenere tutto senza costi eccessivi di immagazzinamento. Inoltre: penserete mica che chi è appassionato di Suburra o delle statistiche del campionato di calcio di serie B e quindi inserisce a getto continuo materiale al riguardo si metterebbe a scrivere di scapigliatura oppure di spazi di Hilbert nel caso non potesse più migliorare i temi che gli interessano?
In definitiva, prendere Wikipedia come un monolite e calcolare la variazione nel tempo del “fattore di importanza” secondo una metrica personale non ha molto senso; è molto più opportuno guardare i risultati assoluti e non quelli relativi.
Nell’immagine: La città che sale di Umberto Boccioni, pubblico dominio, via Wikimedia Commons