Una legge per garantire la diffusione della cultura

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Una legge per garantire la diffusione della cultura

La cultura digitale si compone di due aspetti: i contenuti, che oggi sono prodotti sempre più spesso sotto forma di linguaggi diversi e contaminati, e la tecnologia, che è il veicolo che consente la comunicazione. Gli aspetti tecnologici in sé però non bastano a garantire la diffusione dei contenuti: bisogna evitare l’affermazione di oligopoli che finirebbero per impedire lo sviluppo del sapere.  

Come garantire dunque il sapere collettivo online? È fondamentale dotarsi di normative che garantiscano la condivisione della conoscenza. Gli attori in gioco sono tanti e ancora di più sono gli interessi economici. Ma le leggi esistono proprio per tutelare tutti, non solo singole parti.  

Noi di Wikimedia Italia – organizzazione fondata nel 2005 proprio con lo scopo istituzionale di perseguire obiettivi di solidarietà sociale nel campo della promozione culturale e che contribuisce alla diffusione, al miglioramento e all’avanzamento del sapere e della cultura, attraverso la produzione, la raccolta e la divulgazione gratuita di contenuti liberi – chiediamo al parlamento italiano che nel recepimento della direttiva europea del copyright siano presenti alcune specificazioni perché il sapere libero e la sua condivisione possano essere garantiti.

Entriamo nel dettaglio: ogni creatore di contenuti può scegliere di volta in volta il modo migliore per tutelare e diffondere il proprio lavoro. La direttiva 2019/790/EU originariamente aveva lo scopo di favorire le opportunità di sviluppo culturale e sociale create dal digitale, ma nonostante la volontà di avere un unico quadro legislativo potranno ancora esserci delle differenze nelle legislazioni nazionali.

Dal nostro punto di vista alcuni passaggi del testo del DDL di recepimento della direttiva in discussione in questi giorni al Senato rischiano di nuocere allo sviluppo e alla condivisione della conoscenza. Posti in modo differente potrebbero essere invece più utili e incisivi. 

Sono quattro gli articoli della direttiva europea su cui ci siamo concentrati e per i quali abbiamo chiesto degli emendamenti contenuti in un memoriale inviato ai Senatori dopo la nostra audizione dello scorso maggio. Cominciamo con due articoli che non sono trattati nel DDL: il 6, sulle copie fatte dagli istituti di tutela del patrimonio, e il 14, che riporta in auge il concetto di libertà di panorama.

L’articolo 6 della direttiva permette agli istituti di tutela del patrimonio culturale di fare copie digitali del materiale che possiedono a fini di conservazione. Noi riteniamo che si debba dare una definizione il più ampia possibile di cosa possa essere preservato, e permettere la possibilità di fare queste copie anche affidandosi a terzi, soprattutto nel caso dei tanti musei minori che non hanno certo la possibilità di acquistare le costose attrezzature per la digitalizzazione e creare le competenze professionali necessarie. Ricordate l’acqua alta eccezionale dello scorso novembre a Venezia? Fortunatamente la biblioteca Marciana è riuscita a mettere al sicuro i suoi preziosi materiali. Ma non possiamo sempre affidarci alla fortuna. Liberalizzando la possibilità di digitalizzazione e riducendo i tempi e costi delle attuali richieste di autorizzazione potremo evitare il rischio di perdere definitivamente ogni traccia di opere antiche, fragili e insostituibili.

L’articolo 14 della direttiva parla di “Opere delle arti visive di dominio pubblico”. Noi chiediamo che venga data un’ampia definizione di “opera delle arti visive” e di “materiale derivante dall’atto di riproduzione” che comprenda anche le riproduzioni 2D e 3D, come fotografie e modellini. Stiamo parlando di opere di dominio pubblico, per cui la fruizione libera dovrebbe essere naturale. In questo momento abbiamo il paradosso che il ministero stesso ci invita a pubblicare su Facebook o Twitter la fotografia di una piazza storica, ma un fotografo non può scattare una foto creativa della stessa piazza e poterne gestire i diritti, perché deve chiedere preventivamente il permesso a tutti gli architetti e artisti autori delle opere sotto copyright visibili nella piazza; chiedere un’autorizzazione a ogni singolo custode dei beni culturali non più sotto copyright che si trovano nella piazza, infine eventualmente pagare una licenza ai titolari. Tra l’altro, questo non permette di usare le foto per la promozione turistica indiretta. Noi conosciamo bene questo problema: Wikimedia Italia indice ogni anno il concorso Wiki Loves Monuments per promuovere i beni artistici e culturali italiani, e passiamo settimane se non mesi per avere ogni volta il permesso di usare le immagini senza il pagamento dei diritti previsti. Noi crediamo invece che i fotografi abbiano pieno diritto a beneficiare dei frutti del proprio lavoro creativo, e dispongano dei pieni diritti d’autore sulle proprie foto creative, potendo concedere in autonomia licenze su tali foto, al contrario della frammentata situazione attuale dove ogni singola foto richiede l’autorizzazione di una pletora di soggetti.

Riguardo agli articoli trattati nel disegno di legge ma che si possono migliorare, l’articolo 5, sulle attività didattiche digitali, tratta una questione molto attuale. Pensiamo agli insegnanti che riproducono un intero brano musicale durante una lezione di musica o recitano un’intera poesia di Montale o Ungaretti durante una lezione di italiano: stando in classe probabilmente violerebbero la legge 633/41 sul diritto d’autore, in videoconferenza la violano sicuramente. L’articolo 5 della direttiva intende ovviare a questo problema con una nuova eccezione, vale a dire un uso per il quale non si applichino le leggi sul diritto d’autore; ma rischia di non essere sufficiente se la legge italiana non viene ulteriormente chiarita.

In particolare chiediamo che l’eccezione si applichi sempre a tutti gli istituti scolastici riconosciuti dallo Stato, dalla scuola primaria all’università, ma anche alla didattica fuori dalla scuola: quando enti come biblioteche, musei e associazioni fanno formazione dovrebbero essere assimilati agli istituti scolastici. 

Infine abbiamo chiesto che il recepimento dell’articolo 22 tuteli maggiormente gli autori e gli artisti, come del resto previsto nella formulazione finale della direttiva. Nei contratti attuali la parte forte sono sicuramente gli editori, non solo nel mondo fisico ma anche in quello online. Un esempio concreto: per guadagnare un centesimo su YouTube occorrono quindici visualizzazioni di un video. La legge dovrebbe prevedere regole certe ed eque per una risoluzione dei contratti in caso di mancato sfruttamento commerciale da parte di chi ha acquisito i diritti economici: in questo modo gli autori possono prevedere di rilanciare le opere che non hanno dato il successo economico sperato, riprendendosi i diritti di sfruttamento commerciale, magari per rendere l’opera liberamente usabile.

Il dibattito pubblico sulla direttiva si è polarizzato su altri articoli: la “snippet tax” per cui Google e gli altri aggregatori di notizie dovranno pagare i produttori di contenuti, e la “censura preventiva” per bloccare la diffusione di materiale sotto copyright in modo automatico. Noi speriamo che lontano dai riflettori Parlamento e Governo operino anche su questi temi meno visibili, perché gli operatori possano lavorare nel modo più efficace rispettando i diritti di tutti. 

Foto: Chiesa di St. James in Regensburg, Germania, di Richard Bartz, licenza CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons