Il successo di Wikipedia e, in generale, dei progetti Wikimedia dipende anche dalla disponibilità di fonti attendibili. Le Università e gli enti di ricerca possono fornire materiale utile agli utenti dei progetti collaborativi, prima di tutto facendo in modo che le proprie pubblicazioni siano ad accesso aperto con una licenza libera.
In che modo si può agire? Ce lo ha raccontato Paola Galimberti, dell’Università degli Studi di Milano, i cui articoli aperti sono usati come fonti in centinaia di voci di Wikipedia in italiano e in inglese, anche tramite Unpaywall e grazie all’uso di software libero come OJS e IRIS.
L’Italia non ha ancora sviluppato una propria politica e proprie strategie sull’Open Science, tuttavia le istituzioni che si interfacciano con uno scenario internazionale si trovano nella necessità di adeguarsi a standard e buone pratiche ormai considerate scontate a livello europeo e non solo.
In quest’ottica l’Università di Milano ha definito da anni una propria strategia rispetto all’open access green e diamond (queste diciture si riferiscono a diversi livelli di “apertura” delle pubblicazioni) che ha recentemente formalizzato nel propriopiano strategico, definendo indicatori per misurare il grado di attuazione delle politiche e target sul triennio 2020-2022.
Obiettivo del prossimo triennio per quanto riguarda l’open access green è che almeno il 50% delle pubblicazioni archiviate nell’archivio istituzionale (IRIS AIR) sia ad accesso aperto. Un obiettivo certamente ambizioso se si pensa al fatto che si sta parlando di un Ateneo generalista con una capacità – e possibilità – di adesione molto diverse fra un’area disciplinare e l’altra: ci sono infatti aree in cui la gestione dei diritti rispetto alle politiche di open access green delle istituzioni è chiarita ex ante dagli editori e aree dove questi aspetti invece non sono ancora sufficientemente normati.
L’ateneo milanese utilizza per la realizzazione dell’open access green lo stesso strumento utilizzato dalle altre università italiane: IRIS, e in particolare il modulo IR basato su DSpace un software a sua volta open source.
Le attività di advocacy messe in atto nel corso degli anni sono state moltissime: dalla istituzione di una commissione sulla Scienza Aperta, formata dai delegati dei 33 Dipartimenti, alla formazione continua, fino alla produzione e analisi di report di monitoraggio sullo stato dell’arte dell’open access green, gold e diamond in ateneo e nei dipartimenti.
Fondamentale è stata la azione dei delegati per l’Open Science che hanno lavorato coi propri Direttori di Dipartimento per la elaborazione dei nuovi piani triennali in cui l’obiettivo di ateneo sull’open access viene recepito e adattato ai diversi contesti disciplinari.
Il monitoraggio sullo stato dell’arte in relazione all’open access green comprende anche il numero di accessi all’archivio (circa 5 milioni negli anni 2018-19) e il numero di download sul singolo item.
La filosofia dell’Archivio di Milano è che siano pubblici i metadati descrittivi, i full-text (compatibilmente con le politiche degli editori) e anche i dati relativi ai download. Uno dei vantaggi di avere i full-text in IRIS è rappresentato dal fatto che è uno strumento censito da OpenAIRE, da CORE e naturalmente da Google Scholar.
I vantaggi offerti da questi strumenti di indicizzazione sono davvero elevatissimi e rappresentano un’opportunità eccezionale di portare la ricerca dell’ateneo all’attenzione delle comunità disciplinari di tutto il mondo.
L’Ateneo di Milano persegue le sue politiche di Open science anche attraverso una piattaforma di riviste Open Access diamond.
Si tratta della piattaforma di riviste scientifiche più grande in Italia (45 riviste), che lo scorso anno ha fatto registrare oltre un milione di download. Le riviste, che sono gratuite per gli autori e per i lettori, sono sostenute con un piccolo contributo dell’Ateneo che ne cura anche la indicizzazione e la rispondenza a standard di qualità internazionali e con un grande lavoro ed impegno da parte delle redazioni.
Un ulteriore strumento a supporto dell’Open science e della trasparenza dei processi di generazione e gestione della conoscenza è rappresentato dall’archivio per la gestione dei dati della ricerca, anch’esso una istanza di un software open source sviluppato dall’università di Harvard. L’archivio offre ai ricercatori dell’ateneo la possibilità di gestire i propri dati in modalità FAIR, come richiesto dai principali finanziatori della ricerca e ormai dalla maggior parte delle riviste internazionali.
È inoltre di questi giorni la implementazione di un fondo centralizzato per il pagamento delle APC (article processing charges) secondo le regole stabilite dagli Organi. In particolare, si prevede il finanziamento di articoli in riviste Open access gold, indicizzate dalla Directory of Open Access Journals, fino ad un massimo di 1500 euro a copertura di tutte le spese per assegnisti e dottorandi e per una quota parte per ricercatori e professori.
L’Ateneo partecipa infine da qualche anno ad un progetto europeo (open APC) di rilevazione dei costi sull’open access che risulta fondamentale per impostare le politiche dei prossimi anni.
L’Università di Milano sta dunque sperimentando le diverse opzioni per una diffusione della propria ricerca nella maniera più ampia possibile, nella convinzione che non ci sia una unica strada e un’unica modalità e che, – avendo in mente l’obiettivo di trasparenza dei processi con cui la ricerca viene prodotta, validata disseminata e valutata – possano essere diverse le forme attraverso cui tale scopo si realizzerà.
Nell’immagine: Una giostra in movimento a Bamberga, Germania. Di Reinhold Möller, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons