Sono stati resi pubblici i risultati della consultazione sul Piano Nazionale di Digitalizzazione del patrimonio culturale (PND). Elaborato da Digital Library per il Ministero della Cultura italiano, il piano tocca diversi punti che riguardano l’open access e i progetti Wikimedia, che vengono esplicitamente citati nel documento.
Per queste ragioni, Wikimedia Italia ha partecipato alla consultazione, riconoscendo gli intenti positivi del piano, ma sottolineando anche alcuni aspetti critici, in particolare per quanto riguarda le linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei bei culturali in ambiente digitale.
A consultazione chiusa, risulta interessante notare che emerge evidente da più osservatori, sia a livello istituzionale che associativo, la richiesta di un vero open access sul patrimonio culturale italiano, risolvendo le contraddizioni sottolineate anche da Wikimedia Italia.
Il parere del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici
L’organo consultivo del ministero della cultura in materia di beni culturali e paesaggistici ha restituito un parere sul PND articolato e chiaro, rimarcando l’impegno e la professionalità nello sviluppo del progetto. Insieme ad altri suggerimenti di miglioramento, il Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici sottolinea che:
Indicazioni molto dettagliate sono dedicate alle modalità tecniche della digitalizzazione. Generiche, invece, quelle sui diritti (come licenze o diritti d’autore), materia per la quale sarebbe opportuna una struttura centralizzata. E una tendenza decisa verso un’ampia liberalizzazione dell’open access, che viene proclamata – anche con ampi riferimenti alla situazione internazionale – ma purtroppo non perseguita nelle indicazioni operative.
ANAI e ICOM Italia per l’open access
Se l’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD) si dichiara “sensibile al tema dell’Open Access e dei FAIR data, e ne supporta la politica”, l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) sottolinea a sua volta le contraddizioni già emerse sull’open access, quando scrive:
Le linee guida (3_LLGG3_ACR) dedicano un intero paragrafo alle “Definizioni di Open Access” riconoscendo palesemente il valore del riuso dell’immagine e promuovendolo apertamente, con il richiamo ai principi dell’Open Access e dell’Open by default menzionati in norme nazionali ed europee.
Tuttavia il testo sembra negare una piena applicazione dei medesimi principi nel momento in cui si indica il ricorso esclusivo alla licenza definita “MiC standard”, che non consente per definizione il riutilizzo delle immagini a scopo commerciale, come ci si sarebbe invece aspettati dall’adesione ai principi Open Access.
Della stessa opinione anche ICOM Italia, che riunisce i musei italiani all’interno di una rete nazionale e internazionale. In particolare, l’associazione sottolinea che:
Riguardo alle importanti opportunità museologiche e strategiche dell’Open Access ICOM Italia ha espresso la posizione favorevole in modo molto chiaro attraverso pubblicazioni, interrogazioni parlamentari e convegni internazionali. Con preoccupazione rileviamo che all’interno del PND non esiste l’opportunità dell’OA per i musei statali e siamo molto preoccupati per l’accessibilità e visibilità internazionale del patrimonio cultura italiani (sic).
Le conseguenze della mancata via all’open access sono per ICOM Italia molto chiare:
Escludere l’Open Access significa marginalizzare i musei statali italiani e, con essi, il patrimonio culturale del nostro Paese rispetto a una tendenza che ormai sembra consolidarsi in tutto il mondo.
Una possibile soluzione
ANAI propone di affiancare all’etichetta “Mic standard” elaborata dal ministero:
Una licenza che consenta a musei, archivi e biblioteche di rilasciare in rete immagini di beni culturali statali in pubblico dominio rendendole legittimamente riutilizzabili da parte del pubblico per qualsiasi fine. Si ritiene che tale impostazione non sia incompatibile con l’attuale ordinamento giuridico poiché il corrispondente azzeramento del canone di concessione rientra con ogni evidenza nella legittima discrezionalità delle amministrazioni.
Di opinione simile anche ICOM Italia, che sottolinea:
L’etichetta MIC STANDARD NC BY sembra voler proteggere i pochi casi italiani di redditività del canone di concessione, mentre nella maggior parte dei casi i costi di gestione delle riproduzioni fedeli in pubblico dominio i costi sono maggiori delle entrate.
Sulle licenze il punto di vista di Creative Commons
Anche il Capitolo italiano di Creative Commons e Creative Commons internazionale hanno partecipato alla consultazione con un documento aperto congiunto dove hanno esplicitato il loro mancato sostegno alla decisione del Ministero della Cultura di utilizzare lo strumento MIC Standard per rilasciare riproduzioni fedeli del patrimonio culturale pubblico in pubblico dominio. Tale approccio unidirezionale ostacola, secondo Creative Commons, la piena condivisione di immagini di beni culturali su piattaforme di promozione culturale come Wikipedia, soprattutto in relazione alle riproduzioni digitali autentiche prodotte dal Ministero, e pone l’Italia in una posizione recessiva rispetto alle politiche di Open Access.
Il rifiuto di adottare strumenti CC o licenze aperte per la riproduzione dell’immagine digitale del bene culturale pubblico in pubblico dominio rappresenta, sempre secondo Creative Commons, un’occasione persa per sperimentare pratiche già in atto in alcune delle più importanti istituzioni culturali del mondo e pone l’Italia in una posizione di svantaggio nelle collaborazioni transfrontaliere e nei contesti di utilizzo di altri standard aperti, a causa della mancanza di compatibilità.
“Le licenze aperte personalizzate o gli standard “essenzialmente simili alla CC“, come la “Standard MIC” proposta: (1) non hanno il marchio CC, il che rischia di creare confusione sia nella comprensione sia nell’applicazione delle stesse, e (2) per lo più non consentono di remixare i contenuti con i miliardi di opere esistenti (e future) rilasciate in CC. Entrambi questi fattori causeranno una riduzione dell’uso delle immagini del patrimonio culturale da parte della collettività in Italia e all’estero”.
Wikimedia Italia sottolinea che le opere e le riproduzioni digitali pubblicate sulle piattaforme Wikimedia devono poter essere pubblicate senza restrizioni e canoni e con strumenti e licenze libere, che prevedano anche l’uso commerciale, per poter garantire la libera circolazione di dati e documenti. Solo così sarà possibile continuare a produrre conoscenza condivisa, a beneficio di tutti.
Nell’immagine: View of the Arch of Constantine with the Colosseum (dettaglio), di Canaletto, Public domain, attraverso Wikimedia Commons