Continua il nostro percorso attraverso gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile ed il contributo di Wikimedia al loro raggiungimento. Oggi parliamo dell’obiettivo numero 9: Costruire infrastrutture resilienti, promuovere l’industrializzazione sostenibile e favorire l’innovazione.
Sebbene possano sembrare tematiche lontane dalla vita di tutti i giorni, magari più legate ad interessi industriali che alla nostra sfera quotidiana, anche questo obiettivo tocca ogni singola persona nella sua quotidianità.
Infrastrutture come strade, reti idriche, reti energetiche e reti di comunicazione vengono utilizzate quotidianamente da miliardi di persone. La resilienza di queste (ovvero la capacità di subire urti e pressioni continue o di superare eventi traumatici) è fondamentale per il loro stesso funzionamento e per la sicurezza degli utenti che le adoperano: la costruzione di queste infrastrutture necessita sempre forti investimenti per avere una buona progettazione che le renda utilizzabili nel lungo periodo e di altrettanti investimenti per una manutenzione puntuale e costante.
Anche i processi di industrializzazione hanno avuto ed hanno ricadute tangibili nella nostra vita quotidiana: se essi infatti hanno portato benefici tangibili come un aumento rapido e sostenuto del tenore di vita delle persone, una maggiore reperibilità dei prodotti ed un loro abbattimento dei costi. Risulta evidente che questi non siano sempre stati accompagnati da un’analisi sulla sostenibilità di questi processi. Per questo è necessario affiancare all’industrializzazione nuove parole come equità, responsabilità e sostenibilità. Un progresso tecnologico sostenibile deve essere fondamento degli sforzi per raggiungere obiettivi legati all’ambiente, come l’aumento delle risorse e l’efficienza energetica. Senza tecnologia e innovazione, non vi sarà un piano di industrializzazione adeguato in grado di affrontare realmente le sfide del nostro tempo, rischiando di creare un benessere ed uno sviluppo temporaneo e non proiettato sul lungo periodo.
Anche questo obiettivo è vicino ai valori del movimento Wikimedia, in particolare alcuni traguardi di esso tra i quali:
- Sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti – comprese quelle regionali e transfrontaliere – per supportare lo sviluppo economico e il benessere degli individui, con particolare attenzione ad un accesso equo e conveniente per tutti;
- Aumentare la ricerca scientifica, migliorare le capacità tecnologiche del settore industriale in tutti gli stati – in particolare in quelli in via di sviluppo – nonché incoraggiare le innovazioni e incrementare considerevolmente, entro il 2030, il numero di impiegati per ogni milione di persone, nel settore della ricerca e dello sviluppo e la spesa per la ricerca – sia pubblica che privata – e per lo sviluppo;
- Facilitare lo formazione di infrastrutture sostenibili e resilienti negli stati in via di sviluppo tramite un supporto finanziario, tecnico e tecnologico rinforzato per i paesi africani, i paesi meno sviluppati, quelli senza sbocchi sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo;
- Aumentare in modo significativo l’accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione e impegnarsi per fornire ai paesi meno sviluppati un accesso a Internet universale ed economico entro il 2020.
Come abbiamo già detto, la qualità delle infrastrutture della comunicazione è legata positivamente al raggiungimento di obiettivi sociali, economici e politici e che di conseguenza se inadeguate impediscono l’accesso a mercati, posti di lavoro, informazione e formazione, creando forti barriere alle attività economiche, è bene chiedersi quale sia il livello raggiunto da esse nel mondo. Ecco alcuni dati generali per quanto riguarda le infrastrutture delle comunicazioni:
- circa 2,6 miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo incontrano impedimenti nell’accesso continuo all’elettricità;
- tra un miliardo ed un 1,5 miliardi di persone non possiedono servizi di telefonia affidabili;
- ci sono 4,13 miliardi di utenti di internet al mondo (fine 2019);
- la regione con la più alta penetrazione internet è l’europa del nord (coperta al 95% nel gennaio 2020);
- la media globale è del 59% (gennaio 2020);
Abbiamo visto sulla nostra pelle come con la pandemia vi è stata una necessaria rimodulazione di molte attività lavorative e non solo: in Italia la scuola e l’università hanno subito un forte cambiamento con l’introduzione della didattica a distanza precedentemente scarsamente utilizzate. Abbiamo visto cosa significa poter fare affidamento su una connessione internet stabile ma a anche una grande frammentazione di chi può effettivamente avere accesso a determinati servizi rispetto a chi ha fatto fatica ad averli. Quando il lavoro è la scuola sono online il divario digitale cresce.
Ma i problemi non si fermano qui, perché oltre ad un limite legato alla parte fisica delle infrastrutture, vi è anche quello legato all’accessibilità delle informazioni stesse, spesso protette da copyright. Studenti e ricercatori ne sono bene a conoscenza.
Anche la possibilità di accedere a risorse libere e gratuite online diventa sempre più complicata tra richieste di registrazione e pubblicità invasive.
In una lettera a Isaac Me Pherson, Thomas Jefferson scriveva “chi riceve un’idea da me, ricava conoscenza senza diminuire la mia; come chi accende la sua candela con la mia riceve luce senza lasciarmi al buio”. Wikimedia contribuisce a colmare questo divario con i suoi progetti essendo non commerciale, senza pubblicità, senza account o registrazioni obbligatorie promuovendo un sapere aperto e libero. Eppure anche qui possiamo vedere un parallelismo per quanto riguarda il divario geografico tra i paesi occidentali e non: infatti, dove vi sono forti infrastrutture in tecnologiche che permettono connessioni stabili e diffuse, sono presenti anche quasi tutte le versioni maggiori con più un milione di voci.
Resta quindi necessario avere un’occhio di riguardo per le altre realtà, in particolare per i paesi del terzo mondo perché anche se la connettività non è una necessità primaria come può esserlo il cibo o l’acqua, senza di essa si rischia di creare l’ennesimo divario sociale. Ci sono stati diversi progetti in passato riguardo la digitalizzazione ma alcuni di essi non sono sempre riusciti. Altri sì.
Il mondo del software libero può portare il suo contributo. Lo dimostrano alcuni esempi che hanno rivoluzionato il mondo digitale. Ce li racconta Valerio Bozzolan, socio di Wikimedia.
In primis WordPress: sviluppato nel tempo libero da un software chiamato cafeblog, dopo pochi anni è diventato il “motore di Internet” con più di 60 *milioni* di siti web che usano questo software. Matt Mullenweg ha iniziato ad offrire servizi con il suo software a grosse multinazionali e ora la sua società fattura mezzo miliardo di dollari e con un migliaio di dipendenti e il core business è ancora lo sviluppo di questo software libero in licenza copyleft. WordPress è adottato perché non ha segreti e puoi farne quello che vuoi e scala ai tuoi bisogni, ma tutti devono rilasciare le migliorie: circolo virtuoso in cui WordPress migliora sempre. Davvero tante piccolissime-medie-grandi società fatturano grazie a questo strumento e contribuiscono a modo loro su temi e plugin o semplicemente segnalando problemi. Se solo tutti donassero un euro Matt non sarebbe milionario ma multimiliardario.
Poi c’è Zabbix. Software nato come non-libero, sviluppato da un dipendente di una banca per monitorare tutti i migliaia di computer, dispositivi e server a disposizione. Ha poi cambiato lavoro e si è dedicato solo a quello nella vita, liberando il software. Ad oggi, autostrade, metropolitane, ferrovie, impianti industriali giganteschi, scuole o piccoli privati usano Zabbix per monitorare ogni – singolo – parametro dei loro impianti o dei loro computer e per automatizzare risoluzioni in caso di praticamente qualsiasi tipo di guasto. Un altro esempio di software libero in licenza copyleft in cui tutti lo adottano e chi lo espande deve contribuire e tutti ne hanno beneficio anche economico. Un mondo da esplorare e da conoscere.
Edoardo Tallarico
Nell’Immagine: Logo SDG 9, Nazioni Unite Pubblico dominio