Sono passati quasi cinque anni da quando la Commissione europea ha deciso di includere nell’elenco delle sue priorità la necessità di riformare il diritto d’autore in UE. A questa scelta sono seguite numerose consultazioni ed eventi pubblici, nonché incontri a porte chiuse mirati a raccogliere i pareri sul tema da parte dei principali portatori di interesse.
Nel 2016 la Commissione ha diffuso una prima bozza della direttiva per la riforma del copyright in Europa. Da allora il Parlamento e il Consiglio europeo hanno discusso, elaborato e modificato il testo della normativa, con l’obiettivo di giungere a una formulazione definitiva.
A settembre 2018 il Parlamento ha espresso il suo consenso su una bozza finale del testo della direttiva che è così passato a uno degli ultimi stadi del suo iter: il trilogo, in cui Parlamento, Consiglio e Commissione stilano un testo comune in negoziati a porte chiuse. Proprio in questi giorni, dal trilogo è emerso quello che sarà probabilmente il testo finale della direttiva.
Anche se non possiamo ancora essere assolutamente certi che il percorso di approvazione direttiva sarà concluso prima delle elezioni del Parlamento europeo nel maggio 2019, ormai conosciamo dunque gli orientamenti generali del primo importante adeguamento dei diritti d’autore promosso dall’Unione europea da diciotto anni.
La riforma include alcune misure che tutelano l’accesso alla conoscenza, comprese alcune disposizioni che favoriscono la diffusione del pubblico dominio, ma contiene anche alcuni aspetti seriamente problematici che mettono in pericolo alcuni dei valori cardine del movimento Wikimedia.
Gli articoli 11 e 13, che introducono nuovi monopoli per i grandi editori e consegnano alle grandi piattaforme online un nuovo mercato sul controllo dei contenuti caricati dagli utenti in nome delle potenziali violazioni del copyright, nuoceranno alla libertà di espressione in tutta Europa e inibiranno il futuro sviluppo di risorse di conoscenza libera come Wikipedia.
Poiché il mandato dell’attuale Commissione e del Parlamento a Bruxelles sta volgendo al termine, questo è un buon momento per riflettere sull’impatto che le decisioni prese possono avere sull’accesso alla conoscenza e all’informazione, entrambe parti fondamentali della strategia del movimento Wikimedia da oggi al 2030.
Gli aspetti positivi della riforma
Tutela del pubblico dominio
Il pubblico dominio, che consente il libero utilizzo di opere non coperte da copyright, è un caposaldo per la conoscenza aperta e uno stimolo alla creatività e all’innovazione. Tutte le opere che entrano nel pubblico dominio ogni anno rappresentano anche un contrappeso indispensabile ai diritti esclusivi sulla proprietà intellettuale.
A differenza dei diritti d’autore, che sono sostenuti da solide regole di applicazione, il pubblico dominio non è adeguatamente tutelato: questo cambierà grazie alla riforma promossa dall’Unione europea.
Il Parlamento e il Consiglio europeo hanno deciso che tutte le riproduzioni fedeli di opere di pubblico dominio saranno anch’esse nel pubblico dominio, il che garantisce che nulla cambi anche per le opere originali.
Questo permetterà di evitare battaglie legali e incertezze come quelle emerse nell’ambito della causa del Reiss Engelhorn Museum e renderà meno problematico il caricamento di opere in pubblico dominio su Wikipedia e sugli altri progetti fratelli.
Apertura delle opere fuori catalogo
Musei, archivi e biblioteche conservano nelle loro collezioni molte opere fuori commercio ma non ancora nel pubblico dominio. In molti casi, i titolari dei diritti non sono facilmente reperibili, dunque queste opere restano negli scaffali, non digitalizzate e quindi non disponibili online. La riforma del copyright intende aiutare a porre rimedio a questa problematica. Le istituzioni culturali potrebbero essere in condizione di fornire accesso online a queste opere con delle deroghe, anche se l’applicazione di licenze collettive estese potrebbe limitare questa possibilità. Questo potrebbe, ad esempio, aiutare a colmare il “buco nero” sulle produzioni del ventesimo secolo e consentire agli utenti dei progetti collaborativi come Wikipedia di accedere a queste opere, o almeno potere indicare come fonte le loro versioni online.
Ciò che manca nella riforma
Chi ha seguito in questi anni il lavoro di advocacy del movimento Wikimedia comprenderà la nostra delusione nel non vedere incluse all’interno della riforma l’estensione a tutti gli stati membri UE della libertà di panorama e delle eccezioni al diritto d’autore per le opere derivate caricate dagli utenti. In tutti e due i casi, gli avanzamenti tecnologici hanno reso necessario un aggiornamento delle norme e una maggioranza in Parlamento europeo sarebbe stata possibile, ma non è stata raggiunta.
Questo esito è difficile per noi da comprendere, dato che queste modifiche non solo avrebbero allineato le leggi con i comportamenti quotidiani dei cittadini europei ma anche permesso di armonizzare il quadro normativo in tutto il continente.
Anche se l’aggiornamento e l’armonizzazione erano stati i due principali obiettivi politici dichiarati dall’UE in merito a questa riforma, si è scelto di preservare i cosiddetti silos nazionali.
Gli aspetti più problematici della riforma
Responsabilità delle piattaforme e filtri automatici sui contenuti (articolo 13)
Una delle norme più pericolose contenute all’interno della riforma è l’articolo 13, che attribuisce a quasi tutti i siti web la responsabilità su eventuali violazioni di copyright relative ai contenuti caricati dagli utenti.
Sebbene le piattaforme non profit come Wikipedia siano state fortunatamente esentate da questa disposizione, questo articolo può porre forti limiti alla libera condivisione di informazioni a cui siamo abituati. Inoltre, incentivare una massiccia diffusione di infrastrutture di filtraggio dei contenuti in Rete aumenta enormemente la probabilità che queste vengano utilizzate a scopo di censura.
È vero che molte piattaforme web stanno iniziando ad occupare un ruolo importante che va analizzato e regolamentato, con inevitabili modifiche per l’attuale ecosistema della Rete. Tuttavia, ciò che temiamo è che la soluzione proposta dall’UE finisca per incentivare la completa rimozione dei contenuti, senza tutelare i diritti degli utenti e salvaguardare gli aspetti positivi delle eccezioni al diritto d’autore.
Il filtraggio dei contenuti, esplicitamente formulato ma anche imposto dai rischi legali connessi alle responsabilità, attribuirà alle piattaforme il ruolo del principale giudice della “libertà di espressione”.
E non regge l’argomentazione per cui stiamo “solo” parlando delle violazioni del copyright, perché questo approccio si è già manifestato in altre occasioni in cui era necessario trovare soluzioni alla diffusione di contenuti controversi online, come la proposta di regolamento sulla prevenzione della diffusione di contenuti terroristici online.
Se l’articolato dibattito sul copyright ci lascerà questa eredità, sarebbe meglio che l’articolo 13 fosse completamente cancellato dalla direttiva.
Diritti degli editori (Articolo 11)
Nonostante queste misure si siano già rivelate inefficaci sia in Germania che in Spagna, gli editori hanno esercitato forti pressioni per ottenere a livello europeo una protezione dei loro diritti che sia “simile al copyright”.
L’articolo 11 consente agli editori di esercitare un nuovo monopolio (diritto di privativa) su qualsiasi uso delle notizie online da parte di tutti i siti che aggregano o rimandano a notizie online, costringendo chi non avesse corrisposto correttamente un canone per l’utilizzo a interrompere tali usi.
A partire dalla data di promulgazione della direttiva, tutti i nuovi collegamenti inseriti all’interno di articoli pubblicati su blog, portali e siti web, insieme ai tantissimi riferimenti alle fonti inseriti nelle voci di Wikipedia con il titolo della notizia finiranno in una zona grigia, in cui non è chiaro se i diritti dell’editore siano applicabili o meno. Contrariamente a quanto indicato da molta propaganda, infatti, la misura non è limitata agli estratti (o snippet), eventualmente considerabili citazioni, ma fa riferimento a qualsiasi uso online.
Oltre a danneggiare Wikipedia e Wikidata, che contengono riferimenti a “titolo” ed “estratto” delle fonti testuali, questo provvedimento interesserà tutti i siti web non personali che contengono collegamenti diretti a notizie.
Resta da capire se i detentori dei diritti prevederanno almeno una licenza gratuita per la semplice menzione dei titoli, mentre la gestione di raccolte di collegamenti resta nel limbo.
Eccezioni al diritto d’autore per scopi educativi
La direttiva sul copyright introduce un’eccezione che consente a docenti, professori e ricercatori di utilizzare contenuti protetti da copyright per scopi didattici. Tuttavia, la direttiva garantisce anche agli Stati membri la facoltà di applicare licenze su alcuni tipi di contenuto, a propria discrezione: con maglie così larghe, l’eccezione rischia di essere inefficace.
Se questa è la soluzione proposta, sarebbe stato meglio rendere obbligatoria la vasta eccezione introdotta con la direttiva InfoSoc. La nuova eccezione, così formulata, non potrà che peggiorare la situazione nei Paesi che ad oggi recepiscono la direttiva InfoSoc in modo ampio.
In conclusione, qual è la posizione del movimento Wikimedia?
Dopo cinque anni di dibattito pubblico sulla riforma del diritto d’autore in UE, con grande impegno sia in termini di tempo che di energia, il movimento per la conoscenza libera non può essere soddisfatto della situazione proposta.
Salvaguardare il dominio pubblico è un passo avanti nella giusta direzione e rendere più semplice il riutilizzo di opere fuori commercio è un piccolo ma utile passo.
Ma non possiamo essere contenti, se questi due miglioramenti comporteranno anche l’introduzione di nuovi diritti esclusivi per gli editori, che renderanno più complicata la libera condivisione delle notizie, e un filtraggio automatico dei contenuti ad appannaggio delle grandi piattaforme. Questo significa imporre un controllo sugli utenti e limitare la libertà della Rete, cosa che potrebbe in futuro estendersi ulteriormente e tramutarsi in nuove forme di censura per mano di entità private.
Inoltre, la nuova eccezione per scopi educativi contenuta nella direttiva rischia di limitare fortemente gli usi gratuiti di contenuti ora consentiti agli insegnanti da molti degli Stati membri.
Solo una minima parte delle novità dell’attuale riforma del copyright accresceranno la libertà di accesso alla conoscenza online, mentre la maggioranza delle norme la limiterà. Il testo è inoltre molto lontano dal raggiungere l’ambizione della Commissione di “abbattere i silos nazionali”.
Tutti questi motivi sono il motivo per cui il movimento Wikimedia, al momento attuale, non può sostenere la riforma del copyright proposta dall’UE.
Questo testo è la traduzione in italiano dell’articolo scritto da Dimitar Dimitrov e Allison Davenport, pubblicato lo scorso 7 febbraio sul blog di Wikimedia Foundation. Alcune parti dell’originale sono state modificate o integrate a seguito degli ultimi aggiornamenti sull’iter della direttiva, con la pubblicazione del testo finale del compromesso seguito al trilogo.
Fotografia di Daniela Manili Pessina, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons