Libertà di panorama e direttiva copyright, ecco perché ne parliamo ancora e che fare

Ultima chiamata per la libertà di panorama e per salvare la Rete aperta
11 Settembre 2018
Ultima chiamata per la libertà di panorama e per salvare la Rete aperta! – Newsletter n. 177 dell’11 settembre 2018
11 Settembre 2018
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Libertà di panorama e direttiva copyright, ecco perché ne parliamo ancora e che fare

Il 12 settembre la plenaria del Parlamento europeo vota, articolo per articolo, sulla proposta di direttiva sul diritto d’autore. Ancora una volta, ci troviamo quindi a parlare dei diritti dimenticati di milioni di autori e cittadini, in particolare di pubblico dominio e libertà di panorama.

Abbiamo parlato molte volte dell’argomento, ma oggi vogliamo riassumere in un solo punto le risposte alla maggior parte delle domande che ci sono state fatte negli anni.

Diritto d’autore e pubblico dominio

Prima di cominciare, in breve, ripassiamo due concetti fondamentali. Il diritto d’autore è un monopolio temporaneo sulla pubblicazione e distribuzione delle opere creative, concesso dalla legge agli autori per consentire loro di vivere e per incoraggiare l’incremento della cultura generale. Il pubblico dominio invece è l’insieme di tutto ciò che è patrimonio di tutti e quindi di nessuno: fatti e idee che ciascuno può esprimere con parole proprie; opere la cui vita commerciale utile si è esaurita da tempo.

Nel mezzo esiste un vasto mare di eccezioni e limitazioni per assicurare che resti possibile esprimersi anche per gli autori viventi e futuri. In effetti, ogni opera creativa contiene al suo interno almeno un pezzetto di un’opera precedente, e alcuni casi chiaramente innocui o benefici sono specificamente consentiti: per esempio recensire un’opera recente riportandone alcuni estratti, o produrre un cartone animato adattando una fiaba scritta secoli fa.

Una definizione della libertà di panorama

La libertà di panorama è un’eccezione/limitazione al diritto d’autore per cui il fotografo, se scatta una foto nella pubblica via o piazza, ha i pieni diritti d’autore sulla propria foto. Ciò significa poter pubblicare e distribuire la propria foto a fini anche commerciali, anche se sono visibili statue ed edifici i cui autori e progettisti non sono morti da almeno 70 anni. In caso di abusi delle fotografie, gli interessati possono sempre ricorrere ad altri strumenti giuridici ex post, per esempio per danni d’immagine.

I fotografi professionisti beneficiano della libertà di panorama quando producono reportage fotografici per conto degli enti locali o pro loco (che difficilmente detengono i diritti d’autore su tutto il proprio territorio); i fotografi amatoriali possono condividere le proprie foto anche con licenze libere come quella di Wikipedia, aumentando la disseminazione e l’informazione internazionale sul territorio.

La libertà di panorama ha lo stesso scopo del pubblico dominio: aiutare gli autori a creare nuove opere su qualcosa che riguarda tutti, come una piazza, così come ogni giornalista può scrivere un articolo sul fatto del giorno, con parole proprie, perché i fatti non sono proprietà di nessuna. Di converso, senza libertà di panorama si restringe il pubblico dominio: l’aggiunta di una costruzione di vetro di fronte al Louvre assoggetta di nuovo a diritto d’autore le foto di uno spazio che prima era libero; l’accensione notturna di uno spettacolo di luci sulla torre Eiffel riesce a riportarla sotto copyright anche se è nel pubblico dominio.

La nostra richiesta per il 12 settembre

Il 12 settembre chiediamo a tutti i gruppi del Parlamento europeo, e singoli eurodeputati ed eurodeputate, di votare a favore degli emendamenti che estendono la libertà di panorama a tutta l’Unione europea, nonché di emendamenti che proteggano il pubblico dominio e consentano la digitalizzazione e distribuzione in Rete dei libri antichi o fuori commercio.

In particolare, appoggiamo l’emendamento 243 per la libertà di panorama presentato dall’intergruppo per l’agenda digitale, già approvato nella Commissione per il mercato interno del Parlamento europeo, con una maggioranza trasversale.

L’emendamento prevede l’obbligo di libertà di panorama in tutta l’UE per tutti gli usi di oggetti fatti apposta per stare sempre nella pubblica via: quindi una statua o un ponte, ma non un’installazione temporanea o un quadro in una pinacoteca che si vede dalla finestra. È quindi una versione temperata rispetto alla libertà di panorama presente in paesi come Austria e Regno Unito.

Perché la libertà di panorama

La libertà di panorama è già prevista in molti paesi UE ma ancora assente in Italia, Francia e alcuni altri.

I volontari Wikimedia, quando caricano foto in Wikipedia e Wikimedia Commons, le rendono un bene comune perché applicano una licenza libera Creative Commons BY-SA (o analoga). La foto di una qualsiasi piazza italiana può raffigurare decine di edifici, statue o altre opere d’arte. In assenza di libertà di panorama, una tale foto non è certa di essere pienamente legale a meno che si chieda preventiva autorizzazione a decine o centinaia di persone o detentori di diritti.

La legge italiana è applicata a macchia di leopardo, ma non possiamo ignorarla quando organizziamo un’iniziativa nazionale come Wiki Loves Monuments, che ha già coinvolto quasi mille enti locali.

Un rischio legale concreto

In Svezia l’equivalente della SIAE (BUS) ha ottenuto oltre 70 000 € di danni dall’associazione non lucrativa Wikimedia Svezia, la quale aveva gratuitamente creato un portale per promuovere il turismo con foto liberamente disponibili di opere erette anche meno di un secolo fa. La corte ha deliberato che anche un portale gratuito ha impatto commerciale e che non può avvalersi delle eccezioni disponibili per gli stampatori di cartoline.

Recuperare i permessi dagli autori è sostanzialmente impossibile: lo ammettono gli stessi architetti italiani, oltre il 50 % dei quali ritiene che non sia realistico pensare che i fotografi li trovino per concludere delle licenze. Pensiamo poi agli architetti morti 69 anni fa, le cui opere sono ancora sotto diritto d’autore.

Un esempio di portale alimentato gratuitamente dalle foto dei nostri volontari è cittadarte.emilia-romagna.it, che senza libertà di panorama sarebbe potenzialmente soggetto a pesanti cause come nell’esempio svedese di cui sopra, se raffigurasse opere recenti. Noi vogliamo che portali come questo siano legali non solo in Svezia ma anche in Italia, da chiunque siano gestiti. Sta ai fotografi decidere come distribuire le proprie foto e ai cittadini deve essere consentito partecipare.

Chi è danneggiato dalla libertà di panorama?

Astrattamente, l’assenza di libertà di panorama potrebbe portare delle entrate aggiuntive ad architetti e scultori le cui opere sono presenti nella pubblica via. In concreto, tuttavia, gli autori guadagnano dal lavoro per i propri committenti, spesso pubblici, e non dallo sfruttamento delle immagini: i guadagni da quest’ultime sono talmente rarefatti che nessuno è ancora riuscito a misurarli, ma da una nostra elaborazione risulta che gli architetti guadagnano mediamente di più nei paesi dotati di libertà di panorama.

In effetti, sono a favore della libertà di panorama non solo i fotografi ma anche gli architetti, i presunti “danneggiati”. Gli architetti italiani hanno dichiarato, per oltre i due terzi, di essere favorevoli al principio della libertà di panorama e di trovarlo benefico. Le associazioni come EVA/GESAC che sostengono di parlare a nome degli autori non rappresentano le opinioni e situazioni reali della base.

L’impatto sul turismo

Il vantaggio della libertà di panorama sta nel favorire la creatività dei fotografi e la loro capacità di mettere a frutto le proprie foto, facendo circolare le bellezze d’Italia e quindi incentivando il turismo. Uno studio spagnolo ha stimato una crescita del turismo del 9 % grazie alla semplice aggiunta di foto e testi in Wikipedia.

Grazie alle fotografie, i comuni e gli enti del turismo possono poi promuovere il territorio, non solo nelle voci di Wikipedia ma anche nelle proprie pubblicazioni (se aderiscono a Wiki Loves Monuments ottengono anche foto di alta qualità libere, senza costi). Sarebbe quindi un impatto enorme sul turismo italiano se la libertà di panorama fosse affermata universalmente e non servissero autorizzazioni per condurre Wiki Loves Monuments su tutto il territorio nazionale.

Perché una libertà di panorama uniforme

Se non è consentita in tutta l’UE, nessun sito non a scopo di lucro o di piccolo fatturato potrà mai operare in UE, perché rischierebbe cause legali da un paese all’altro. Inoltre i fotografi non possono guadagnarsi da vivere vendendo foto a un solo paese, che ha un pubblico troppo ristretto: devono poter vendere licenze anche per tutta l’UE.

Perché consentire anche gli usi commerciali

Se non sono consentiti gli usi commerciali, il fotografo non può né vendere il proprio lavoro a un editore a un buon prezzo (l’editore ovviamente ha bisogno di poter usare commercialmente la foto) né regalarlo con una licenza libera a una piattaforma di bene comune come Wikimedia Commons, all’interno di Wiki Loves Monuments o altra iniziativa di valorizzazione del territorio.

I progetti Wikimedia consentono qualsiasi uso anche commerciale dei propri contenuti perché noi autori e contributori non siamo interessati al profitto: se qualcuno ci fa “concorrenza” e distribuisce le nostre opere culturali meglio di noi, tanto meglio!

Che cosa pensa la popolazione?

Un sondaggio del 2018 pare confermare l’impopolarità della proposta di direttiva, che se fosse ratificata nella versione proposta dalla Commissione europea amplificherebbe il sentimento anti-europeo.

Libertà di panorama in Italia, una lunga storia

La storia del coinvolgimento di Wikimedia Italia in questa discussione comincia oltre dieci anni fa. Era il 2007 e la crescita di Wikipedia era al suo picco: centinaia di migliaia di autori si erano ritrovati a scrivere volontariamente un’opera collettiva divenuta essenziale, e regnava l’ottimismo sulle potenzialità della cultura libera in Rete, persino nei grandi giornali che intervistavano i rappresentanti di questo strano popolo di lettori-creatori.

L’idillio si arrestò bruscamente quando a qualcuno di questi volontari arrivò una lettera di diffida da una soprintendenza, branca del ministero della cultura. La soprintendenza non gradiva che dei fotografi facessero conoscere al mondo delle opere vecchie di secoli, distribuendo le proprie fotografie in Rete e consentendo a chiunque di riusarle. La comunità degli autori wiki apprese così che in Italia non vige quella che gli amici tedeschi chiamano libertà di panorama e scrisse un appello costernato, sicura che potesse essere evidente a chiunque la stortura di una legge che non protegge l’opera di tali volenterosi fotografi.

Grazie all’interessamento di alcuni parlamentari e di una commissione parlamentare, in effetti, si ottennero alcune ondivaghe e contraddittorie rassicurazioni da un sottosegretario, nonché un codicillo nella legge sul diritto d’autore. La legislatura terminò prematuramente e la norma non fu mai attuata. Come ben scrisse Luca Spinelli: Libertà di panorama: c’è ma non c’è.

Nel 2012, l’associazione Wikimedia Italia decise di passare all’azione e organizzare anche in Italia il concorso fotografico Wiki Loves Monuments, nonstante le norme restrittive. Grazie all’avvocato Deborah De Angelis e a una convenzione temporanea col ministero, si chiarì l’esistenza di due binari paralleli: il diritto d’autore su tutte le opere recenti e il codice dei beni culturali su quelle meno recenti. Da allora Wiki Loves Monuments si svolge ogni anno, con grande dispendio di tempo e risorse, ottenendo da ciascun ente una liberatoria per i beni culturali che custodisce: ciò è un’occasione per convenire con centinaia di amministratori dell’assurdità della norma, ma limita molto la capacità dei cittadini italiani di documentare il patrimonio culturale italiano rispetto a paesi come l’Austria o il Regno Unito.

Nella XVII legislatura, dozzine di parlamentari dell’intergruppo per l’innovazione (di tutti i gruppi parlamentari) si erano espressi a favore della libertà di panorama. Il 28 giugno 2017 il governo accolse un ordine del giorno impegnandosi a implementare il principio, ma non vi diede seguito.

Nel frattempo, nel 2013 ripartì con una consultazione a livello di Unione europea la riflessione sul diritto d’autore vero e proprio, a cui Wikimedia Italia aveva contribuito già nel 2008. Gli obiettivi della Commissione europea erano ambiziosi e diversi eurodeputati eletti nel 2014 dimostrarono l’intenzione di svolgere un lavoro serio considerando tutte le questioni poste sul tavolo dai cittadini. Nel 2015 un emendamento contrario alla libertà di panorama passò di misura nella commissione JURI. 260 deputati in plenaria votarono contro tale modifica e il commissario Oettinger cercò di rassicurare. Nel 2016 però la Commissione non ha proposto nulla quando ha presentato un testo di direttiva. Nel frattempo il Belgio ha adottato la libertà di panorama per legge, mentre in Francia la situazione è più complicata.

Dopo 5 anni di lavoro, arriviamo alla votazione del 12 settembre prossimo.

Risposte ad alcune osservazioni

Bisogna fare presto?

È vero che la legislatura volge al termine e quindi scarseggia il tempo per portare a termine la direttiva. Proprio per questo, però, è opportuno concentrarsi sui molti interventi che raccolgono un largo consenso e che potrebbero quindi ottenere non solo una facile approvazione nel Parlamento europeo ma anche una veloce prosecuzione nel Consiglio e nella Commissione.

In molte occasioni questa proposta direttiva si è già incagliata per molti mesi a causa dei dissidi su alcuni punti altamente controversi. Il Parlamento europeo dovrebbe valorizzare il lavoro delle sue commissioni che sono riuscite a conseguire un maggior consenso.

Fare qualcosa è meglio che non fare niente?

Troviamo miope l’argomento che, siccome ci sono dei grossi problemi nella società o alcune categorie di lavoratori sono in difficoltà, allora “bisogna fare qualcosa” a qualsiasi costo con il primo strumento legislativo che capiti a disposizione. Germania e Spagna hanno già sperimentato che delle soluzioni affrettate, basate sulla creazione di nuovi monopoli sanzionati dallo stato, fanno facilmente più male che bene.

Sono i creativi che ce lo chiedono?

Le richieste di autori e creativi dalla consultazione del 2013 in poi sono state molto varie ma è difficile trovare un settore economico o sociale che sia soddisfatto del testo uscito dalla commissione giuridica del 20 giugno 2018. La sintesi degli studiosi dimostra i problemi della proposta e un consenso quasi universale contro la proposta di direttiva. I professori universitari tedeschi lo confermano per l’ultima versione di marzo 2019. Solo pochi gruppi molto visibili sono favorevoli.

In Italia, si registra l’opposizione dei piccoli editori della stampa per l’art. 11 (comunicato ANSO, EIMP, OCCRP) e delle etichette musicali indipendenti per l’art. 13 (comunicato MEI) nonché delle biblioteche, università e startup a cui erano rivolti gli articoli 3, 5 e altri (AIB, EBLIDA, IFLA, LERU ecc.). Persino l’ex capo di Universal in UE concorda. In seguito, anche giganti dell’editoria, l’industria sportiva e audiovisiva, migliaia di piccole e medie imprese e i creatori di centinaia di forum di discussione in Rete hanno chiesto di abbandonare l’art. 13, dichiarandolo un pasticcio irrecuperabile. Ogni settore possibile e immaginabile si è opposto pubblicamente alla direttiva.

I rappresentanti degli autori chiedono di intervenire sulla remunerazione: questo aspetto, fondamentale perché i creativi possano guadagnarsi la pagnotta senza che degli intermediari gliela rubino da sotto il naso, è trattato negli articoli 14, 15 e 16 della proposta di direttiva. Gli articoli 11 e 13 non hanno nulla a che vedere col sostegno agli autori.

Chi guadagna dalla proposta di direttiva?

Il principale orientamento della proposta di direttiva è di dare nuovi diritti esclusivi agli editori (pseudo-copyright, diritti connessi o vicini, altri monopoli o trattamenti preferenziali) e nessun nuovo diritto agli autori in quanto tali. Lo si vede dagli articoli 11, 12bis e 13, che invece di far rispettare il diritto d’autore esistente cercano di aggiungere nuove sovrastrutture, nonché dallo scarso interesse per gli articoli 14-16 che promettevano di dare agli autori maggior potere contrattuale per valorizzare meglio le proprie opere.

Inoltre gli articoli da 3 a 6, che promettevano di estendere e uniformare le eccezioni e limitazioni ai diritti d’autore esistenti, non solo non aumentano l’uniformità e non adottano le migliori prassi degli stati membri, ma addirittura in molti casi possono produrre dei passi indietro, fornendo interpretazioni restrittive delle leggi esistenti o depotenziando le eccezioni attuali. Le eccezioni servono a favorire la produzione di nuove opere e in generale la cultura nella società: come abbiamo visto sopra nel caso della fotografia, depotenziarle può forse facilitare i profitti di qualche cartello di cosiddetti “detentori di diritti” o qualche studio legale, ma non aiuta certo gli autori viventi e futuri che devono guadagnarsi da vivere.

L’esperienza insegna che dare nuovi monopoli e privilegi agli editori è un modo scarsamente efficace per aiutare gli autori: ai lavoratori, piccoli autori e creativi arriva solo una frazione minuscola degli eventuali profitti aggiuntivi. Nel Regno Unito c’è chi ha calcolato che solo il 3 % dei proventi degli editori di stampa vanno agli scrittori.

Il diritto d’autore è l’unica opzione?

Il diritto d’autore è migliorabile, ma ciò non significa che debba diventare la corte dove si risolvono tutte le ingiustizie del mondo. Certi malfunzionamenti e ingiustizie sono troppo grossi per essere risolti fra privati e devono essere affrontati con strumenti democratici e sperimentati, come la leva fiscale e gli interventi a favore della concorrenza (antitrust). Il problema di una tecnologia troppo invadente si affronta mettendo al centro i diritti delle persone, e quindi la privacy, il software libero e le licenze libere, i dati aperti e la trasparenza.

Uso responsabile delle opere sotto diritto d’autore

Wikimedia Italia trova necessario educare la popolazione sul diritto d’autore, sui suoi scopi e le sue implicazioni, per aumentare il rispetto degli autori ma anche dei propri diritti.

Wikipedia e Wikimedia Commons hanno insegnato il diritto d’autore a milioni di persone: sono forse gli unici siti dove, caricando un testo o un’immagine, l’utente può trovarsela cancellata in pochi minuti o secondi per violazione del diritto d’autore, e per giunta riceve una lezione sulle diramazioni internazionali del diritto d’autore. Wikimedia Italia gira il Paese insegnando a migliaia di persone come funziona il diritto d’autore e perché sono utili le licenze copyleft.

Inoltre aiutiamo gli autori, che pubblichino con una licenza Creative Commons libera, a difendersi da chi usa le loro opere senza attribuzione o senza rispettare la licenza. È un problema molto diffuso, come dimostra chi si occupa di far pagare i danni alle aziende che violano il diritto d’autore. Per il software libero esistono interi programmi di copyleft compliance che aggregano i diritti degli autori anche per eventualmente far causa alle aziende, spesso multinazionali con un valore di miliardi di euro in borsa.

Le associazioni che criticano la proposta di direttiva comprendono BEUC, associazione europea dei consumatori che rappresenta milioni di soci fra cui centinaia di migliaia appartenenti ad Altroconsumo. Anche queste sono associazioni che informano i cittadini sui loro doveri, oltre che sui loro diritti (che difendono ad esempio con test dei prodotti in commercio).

Qualcuno vende davvero i testi e le foto di Wikimedia?

Kiwix distribuisce piccoli ed economici apparecchi che consentono di tenere e consultare Wikipedia e molti altri progetti in locale, senza connessione a internet. È molto utile nei villaggi dell’Africa, ma anche in certi piccoli comuni alpini dove la connessione a internet è precaria. Sebbene il costo unitario sia basso, l’iniziativa è più sostenibile se gli utenti possono comprare il prodotto ripagandone i costi, così come pagherebbero una connessione a internet (se fosse disponibile a prezzo ragionevole).

Queste e altre iniziative commerciali altrui sono positive e sono il motivo per cui i progetti Wikimedia usano una licenza libera: a Wikimedia interessa solo che la conoscenza cresca e si diffonda. A noi compete di assicurare che tutto ciò che offriamo nei nostri siti, come le immagini di Wikimedia Commons, sia effettivamente libero e utilizzabile da tutti. Se anche solo una porzione del materiale presenta dei rischi legali imprevedibili, il complesso del materiale diventa inutilizzabile anche se i suoi autori l’hanno voluto rendere libero.

Le eccezioni beneficiano dei potentati economici?

I grossi editori d’arte e le multinazionali che gestiscono siti con traffici considerevoli già oggi non si preoccupano di rispettare la legge alla lettera, come invece Wikimedia fa. Mentre le masse di utenti usano ciascuno poche opere, come nel caso di cui sopra, chi pubblica e distribuisce grandi quantità d’immagini d’arte per profitto ha numeri tali che può calcolare l’eventualità di un reclamo o persino di una causa come un costo economico implicito, risolvibile con un risarcimento che viene compensato dai molti casi in cui invece nessuno si è ritenuto danneggiato.

È ragionevole pensare che questi costi siano già ora marginali per tali imprese, che altrimenti non condurrebbero queste attività. Se fossero eliminati, quindi, non produrrebbero una differenza enorme per i relativi profitti.

Al contrario, con nuove eccezioni si potrebbero aprire nuove attività da parte di chi non dispone di capitali tali da correre rischi, come per esempio delle piccole riviste accademiche d’arte, gestite da università o ricercatori senza particolari fondi e con un modello ad accesso aperto. Tali riviste al momento preferiscono non includere immagini per evitare complicazioni, ma questo è chiaramente una grossa perdita per il mondo dell’arte.

Wikimedia ha un interesse economico?

Wikimedia si finanzia con milioni di piccole donazioni, in media sotto i 20 € circa, rivolte principalmente a Wikimedia Foundation ma anche a dozzine di associazioni non lucrative locali, come Wikimedia Italia. Le grosse donazioni sono dichiarate in trasparenza e restano marginali. Le piccole donazioni consentono di far sopravvivere siti ad alto traffico come Wikipedia anche senza pubblicità e senza vendere alcunché.

Ciò non significa, purtroppo, che chiunque usi i testi e le immagini dei progetti Wikimedia abbia questo lusso. Per esempio, il sito personale del professor Enrico Galavotti, Homolaicus, conteneva della pubblicità per contenere le spese, così come succede in molte piattaforme gratuite per blog, e SIAE considerò tale uso commerciale.

La causa a Wikimedia Svezia da parte della “SIAE svedese” ha però confermato un nostro interesse economico: non vogliamo rischiare di perdere delle cause per centinaia di migliaia o milioni di euro solo per aver fornito un servizio gratuito chiaramente positivo per il bene pubblico, come un portale turistico. Non è piacevole, e nemmeno giusto, chiedere donazioni a milioni di persone, che spesso hanno dovuto sudarsi ogni centesimo, per poi trasferire tale denaro a non si sa chi per via di un risarcimento legale.

Nell’immagine: Grafica realizzata in occasione del voto in Parlamento europeo, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons. Nella foto l’opera “The Life electric” realizzata da Libeskind a Como e fotografata da Mm4mm per Wiki Loves Monuments 2017. Se in Italia ci fosse la libertà di panorama, questo monumento sarebbe liberamente fotografabile e pubblicabile su Wikimedia Commons, attualmente invece è necessaria un’autorizzazione per poterlo fare.