Raimondo Iemma, research fellow del Centro NEXA su Internet e Società del Politecnico di Torino e studioso di modelli Open Data applicati al settore pubblico, spiega che cosa caratterizza le banche dati sul patrimonio culturale italiano attualmente disponibili, come possono essere usate e quali vantaggi ci sono per le istituzioni che ne autorizzano un libero riuso.
Le banche dati sul patrimonio culturale italiano
di Raimondo Iemma
Creative Commons collage, argazkiak
Wiki Loves Monuments sta raccogliendo un elenco di materiale di riferimento sul patrimonio culturale italiano. Si tratta, in particolare, di link a pagine contenenti repertori informativi in merito ai beni gestiti da enti pubblici – quali ad esempio le Soprintendenze o, a livello nazionale, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Alcuni indirizzi riportano semplici elenchi testuali di beni o monumenti. Più frequentemente, come ad esempio nel caso dell’Indice di CulturaItalia, si tratta di collezioni strutturate di metadati relativi a opere, monumenti, siti e altre tipologie di beni culturali custoditi in Italia da organismi pubblici o privati. Per ogni elemento vengono esposte, in insiemi organizzati, entro un elenco di campi fissi navigabili per categorie o chiavi di ricerca, informazioni rilevanti, quali ad esempio la tipologia, il luogo di custodia, lo stato di conservazione, la data di creazione, etc. In alcuni degli esempi disponibili, questi insiemi informativi vengono esposti anche in formati standard e machine readable come XML, mentre attualmente nessuno dei repertori considerati adotta formalismi di tipo “linked data”.
Come possono essere utilizzate le banche dati esistenti sul patrimonio culturale italiano
Poter riutilizzare questi contenuti, eventualmente integrandoli al fine di costruire un elenco strutturato dei monumenti possibili oggetto di riproduzione fotografica, è di indubbia utilità per Wiki Loves Monuments e per i suoi partecipanti. Per farlo, è necessario prendere in considerazione almeno due insiemi di aspetti.
Dal punto di vista giuridico, occorre verificare, in ognuno dei casi, entro quali (eventuali) termini di utilizzo questi dati siano rilasciati. Qualora vengano associate licenze libere (come ad esempio quelle Creative Commons) – nel migliore dei casi ricadendo nella definizione di ‘Open Data‘ – il riutilizzo dei dati è consentito entro i termini indicati dalla licenza (ad esempio, potrà essere richiesto di segnalare la fonte). Per altro, affinché lavori derivati (come il nostro elenco di monumenti) possano essere poi divulgati applicando una licenza d’uso Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo (come da prassi di Wikipedia), è necessario che i contenuti originali siano disponibili entro termini d’uso non meno aperti (che si riducono, nella sostanza, a CC-0, CC BY, CC BY-SA e compatibili). In assenza di un’esplicita indicazione in tal senso, è tuttavia ragionevole (e corretto) ritenere che l’estrazione (copia) dei dati non sia consentita, anche in virtù dell’eventuale esistenza, per gli archivi strutturati, del cosiddetto diritto sui generis relativo alle banche dati. In questi casi, pare dunque opportuno richiedere autorizzazione al detentore del repertorio di dati, esplicitando il contesto e il fine del proprio riutilizzo.
Dal punto di vista tecnico, riutilizzare un insieme voluminoso di dati richiede che questi vengano esposti in formato adatto. Se per brevi elenchi testuali una pagina HTML risulta gestibile (eventualmente, qualora i termini d’uso lo consentano, raccogliendo contenuti strutturati mediante scraping), riutilizzare agevolmente insiemi organizzati richiede che gli stessi siano esposti e accessibili in formati machine readable (ad esempio CSV, non PDF).
I vantaggi per le istituzioni che autorizzano l’uso libero delle loro banche dati
Per poter riutilizzare liberamente le banche dati sul patrimonio culturale italiano, è necessario che i dati siano aperti sia da punto di vista legale che informatico. Per gli organismi che ne detengono i diritti significa avere l’occasione di:
- rendere esplicitamente aperta e disponibile la loro collezione di dati, generando nuove opportunità di riuso e un’effettiva partecipazione della collettività;
- beneficiare di nuovi canali di divulgazione delle informazioni sulle opere custodite / gestite, incrementando la loro visibilità, anche mediante Wiki Loves Monuments e la rete di cittadini che vi parteciperanno.
Gli esempi a livello internazionale non mancano. Per citarne uno, il Bundesarchiv (l’archivio federale tedesco) ha recentemente usufruito delle competenze e dell’entusiasmo degli utenti di Wikipedia, a cui ha richiesto di collaborare all’identificazione delle immagini del proprio archivio (le quali, sino a quel momento, mancavano di metadati). In virtù di questa iniziativa, il repertorio di Wikimedia Commons sta beneficiando dell’inclusione di circa 80,000 immagini del Budesarchiv sulla storia della Germania, messe a disposizione a tutti entro i termini della licenza d’uso CC BY-SA.
Open Data in Italia
Alcune esperienze italiane rappresentano esempi a cui guardare con attenzione. È il caso della Regione Piemonte, presso la quale gli attori locali hanno sviluppato un portale per il riuso dei dati della Regione Piemonte, all’interno di una più ampia strategia – declinata in termini organizativi e normativi – di definizione di modelli e procedure per il rilascio dei dati entro formati aperti e con licenze libere (CC0 o CC BY). L’Emilia Romagna, per citare un altro esempio, ha attivato il portale dati Emilia Romagna per la messa a disposizione dei propri dati aperti. Un altro caso particolarmente interessante è quello di Firenze, che ha recentemente creato il proprio portale Open Data del Comune di Firenze. Il portale dati.camera.it rilascia dati relativi all’attività e al funzionamento della Camera dei Deputati in formato “linked”, sfruttando le potenzialità del web semantico. Il concorso Apps for Italy, in scadenza il 30 aprile 2012, promosso da una pluralità di attori tra cui il Governo italiano, seleziona proposte di applicazioni e idee basate su dati aperti. Per non parlare delle molte comunità di sviluppatori, esperti o anche semplici cittadini che lavorano con gli Open Data. L’auspicio è che il numero di amministrazioni che decidono di sposare tale processo – come stanno iniziando a fare anche il Comune di Milano e la Provincia di Roma, per citarne due nuovi casi – possa crescere sempre di più; e che il volume e la varietà di dati aperti messi a disposizione della collettività siano sempre maggiori.