Quando non sappiamo come raggiungere un luogo, ormai siamo soliti utilizzare applicazioni digitali per trovare la strada. Con gli occhi incollati allo schermo, seguiamo ciecamente le istruzioni. Ma vi siete mai chiesti come viene “disegnata” dalle applicazioni la strada che stiamo percorrendo?
L’organizzazione olandese Bits of freedom ha proposto sul sito di EDRI un approfondimento sul tema, per farci riflettere sui rischi connessi all’adozione di software proprietari di navigazione e sui vantaggi che può avere invece l’utilizzo di dati geografici liberi e caricati dagli utenti (modello crowdsourcing) come quelli di OpenStreetMap.
La mobilità è un tema sociale
La mobilità è un tema molto dibattuto a livello politico e sociale. Chi amministra le città desidera far convergere il traffico su determinate direttrici e, di conseguenza, ci dirige deliberatamente a destra o a sinistra.
Se tutto va bene, in queste decisioni sono tenuti in considerazione gli interessi di tutti. Se si desidera preservare la tranquillità di un piccolo centro, i segnali stradali dirigono i conducenti attorno ad esso. Se le autorità locali vogliono evitare che le macchine passino veloci davanti a una scuola elementare, le auto vengono indirizzate verso un percorso diverso.
Guidati da interessi commerciali
Tuttavia, non siamo solo guidati dagli interessi della comunità: sempre di più, utilizziamo app di navigazione per spostarci da un luogo A a un luogo B. Questi sistemi – fatta eccezione per le poche soluzioni aperte come, ad esempio, le app basate su dati OpenStreetMap – vengono sviluppati da un gruppo sempre più ristretto di società private.
Oggigiorno, quasi nessuno si orienta utilizzando una mappa e i segnali sul lato della strada. Ascoltiamo solo le istruzioni dal computer sul cruscotto. In questo modo, un’impresa commerciale decide quale strada farci percorrere, spesso facendo gli interessi dei suoi clienti e non delle amministrazioni locali.
Cioè? Per alcune aziende, i clienti sono le persone che hanno l’esigenza di muoversi in strada, ma per altri – soprattutto chi offre servizi di navigazione gratuita – chi conta davvero sono gli inserzionisti invisibili.
Troppe “scorciatoie”
Anche questo è riduttivo, naturalmente. Perché le considerazioni che guidano uno sviluppatore che realizza un sistema di navigazione raramente sono trasparenti.
Talvolta, gli algoritmi ci portano a percorrere percorsi che non sono esattamente quelli più brevi, ma vengono scelti per certe ragioni dalle applicazioni come i più veloci possibile. Quali sono i criteri? Spesso non arriviamo a saperlo.
Condotti altrove
Talvolta invece le motivazioni di questi “cambi di percorso” sono note. Un esempio: chi visita Los Angeles desidera quasi sempre vedere e farsi una foto con la famosa scritta Hollywood. Chi vive sulla collina ne è stufo: i residenti – a volte anche illegalmente – hanno posizionato sul lato della loro strada cartelli per condurre i turisti altrove, scrivendo messaggi come “la scritta Hollywood è inaccessibile attraverso questa strada”.
Con l’avvento delle mappe digitali, le azioni di questo tipo hanno avuto sempre meno efficacia. Grazie alle pressioni di un consigliere comunale particolarmente convincente, a Los Angeles, Google e Garmin hanno adattato le loro mappe in modo che i turisti non fossero condotti effettivamente alle lettere, ma a un punto di osservazione da cui ammirarle.
Entrambi i mapmaker hanno cambiato il loro servizio sotto la pressione di un consigliere particolarmente tenace: chissà in quante altre occasioni è successo.
Servire interessi differenti
È dunque molto difficile risalire a quali siano i criteri che guidano le decisioni delle grandi aziende che sviluppano sistemi di navigazione. Non sappiamo su quali regole siano basate, né da chi siano state influenzate. Possiamo però facilmente supporre che gli interessi delle grandi società non siano sempre compatibili con gli interessi pubblici.
Questo ha un forte impatto a livello locale. Se una grande azienda ascolta i commercianti ma non i cittadini, questi ultimi saranno svantaggiati. Ad esempio, indirizzare il traffico verso le “vie dello shopping” può infastidire chi ci abita, ma piacere a chi possiede un negozio.
Chi progetta un sistema tecnologico influisce sulla libertà degli utenti che lo utilizzano e influenza anche la società nel suo insieme.
Questo non riguarda solo la funzione di calcolo dei percorsi ma anche il modo in cui è studiata l’intera interfaccia del software. Lo scienziato belga Tias Guns ad esempio ha evidenziato che in alcuni navigatori: “Esiste, ad esempio, un’opzione per evitare le autostrade, ma non è inclusa un’opzione per evitare le strade locali”, impattando di meno sui cittadini.
Una strada senza uscita
A tutto ciò si aggiunge che spesso le grandi piattaforme che producono applicazioni sono difficilmente – ironia della sorte – raggiungibili.
A chi devi rivolgerti per chiedere a una piattaforma di instradare meno traffico lungo la tua strada? O di farne convergere di più, se sei ad esempio un commerciante? Contattare le grandi aziende per il comune cittadino spesso non è semplice.
Se gestite a livello locale, queste pratiche sono diverse. C’è un ufficio in Municipio dove puoi andare e un consiglio comunale che può mettere problemi di traffico all’ordine del giorno.
Chi determina il percorso?
Chi decide dunque come viene utilizzato il nostro spazio pubblico? È un consiglio comunale locale o un’impresa commerciale? Questo fa la differenza.
Nel primo caso, i cittadini possono partecipare, le decisioni sono prese democraticamente e c’è una certa trasparenza. Nel secondo caso, non hai informazioni sul motivo per cui sei stato guidato a sinistra o a destra, o perché le “strade dello shopping” sono diventate desolate durante la notte. Molto probabilmente la regola è: chi paga, decide. Il crescente potere delle imprese commerciali sul fronte della mobilità minaccia di mettere fuori uso le amministrazioni locali, e con ciò noi, i cittadini e le piccole imprese.
Nell’immagine: McKenzie Ave al tramonto, Saanich, Canada Michal Klajban, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons