Dungeons & Dragons è un celebre gioco di ruolo nato negli anni ‘70 negli Stati Uniti, che si è diffuso grazie a varie traduzioni, versioni e adattamenti in tutto il mondo, ridiventando popolare negli ultimi anni. Il gioco richiama le atmosfere fantasy di mondi popolati da maghi, elfi e mostri e si basa su meccanismi di sfida e cooperazione tra i giocatori, ma anche di invenzione di storie e colpi di scena avvincenti.
Gran parte del successo di Dungeons & Dragons dipende anche dalla licenza con cui il gioco è distribuito. Wizards of the Coast, la società che ad oggi possiede i diritti del gioco, nel 2000 ha pubblicato il gioco con la Open Game License, che per oltre vent’anni ha permesso a chiunque di realizzare, usare e vendere contenuti legati a D&D, rispettando alcuni limiti su ambientazioni, personaggi e illustrazioni.
A inizio anno si è diffusa la notizia che Wizards of the Coast avrebbe voluto modificare la licenza, rendendo più stringenti i termini che riguardavano le opere derivate e seminando il panico tra molti appassionati. Dopo una mobilitazione che ha coinvolto giocatori, creatori e altri editori delle espansioni del gioco, l’editore ha aperto una consultazione tra le proprie comunità di riferimento. Il risultato è stata che non solo la licenza non è diventata più restrittiva, ma anzi è stata adottata una licenza Creative Commons, decisamente più favorevole alla creazione di opere derivate dal gioco originale.
Cosa prevede la nuova licenza di Dungeons & Dragons
Pubblicando il manuale di base di D&D con licenza Creative Commons CC BY 4.0, l’editore l’ha reso disponibile a tutti per qualsiasi scopo, anche commerciale, con la possibilità di creare opere derivate, a patto di citare sempre l’autore.
Le licenze Creative Commons sono alla base anche dei progetti collaborativi come Wikipedia e il suo impiego da parte di un gioco così popolare e di successo può dimostrare due cose. In primo luogo: condividere idee e contenuti creativi all’interno di comunità vitali rifiutando l’approccio “tutti i diritti riservati” è una scelta non solo possibile, ma anche di successo.
Valerio Perticone, volontario dei progetti Wikimedia che ha seguito la vicenda di D&D con attenzione, spiega:
“D&D è diventato popolare (e quindi anche profittevole) proprio coinvolgendo i giocatori, rendendoli partecipi del suo sviluppo. Per questo giocatori e dungeon master si sono irrigiditi quando hanno visto il rischio di vedere disperso questo potenziale. Ma le comunità vive e attive, come dimostrano anche i progetti Wikimedia, sono in realtà una risorsa”.
In secondo luogo, la scelta della licenza CC BY, dimostra come le licenze Creative Commons possano semplificare le regole per tutti, senza impedire nessuno sviluppo futuro. I giocatori potranno continuare a giocare a D&D come hanno sempre fatto e sia loro che l’editore attuale o altri potranno sviluppare nuove versioni, che potranno essere vendute o meno, senza limitare la creatività o le possibilità di guadagno per nessuno. Il tutto, facendo riferimento alla licenza CC BY 4.0, scritta per essere utilizzabile in tutto il mondo, armonizzandosi sulle leggi del diritto d’autore dei singoli Stati.
Controesempio italiano
Il tema delle licenze applicate ai prodotti creativi è più vicino all’esperienza quotidiana di ciascuno di quanto sembri. Molti usano Wikipedia senza sapere che, grazie alla sua licenza CC BY-SA 3.0, possono teoricamente copiare e incollare (ma anche rivendere) tutti i suoi contenuti ovunque: a patto di citare gli autori e applicare la stessa licenza.
Anzi, anche per delle abitudini non per forza positive favorite dalla legge italiana, molto spesso siamo portati ad applicare restrizioni al riuso dei beni comuni anche dove non dovrebbero esistere. Per esempio, impedendo di produrre un puzzle partendo da un’opera d’arte in pubblico dominio, come è avvenuto nel caso dell’Uomo Vitruviano.
La vicenda di Dungeons & Dragons può essere un esempio utile a molti, anche ai non appassionati ai giochi.
“La scelta della licenza libera Creative Commons – spiega sempre Valerio Perticone – è arrivata come una sorpresa per molti, ma è molto interessante. Il regolamento del gioco, tuttora protetto dal diritto d’autore, è stato messo a disposizione di tutti e questo ne ha assicurato il successo. Proprio la passione dei fan per il gioco potrebbe essere stato un ostacolo, nel breve termine, per generare maggiori profitti per l’editore. Tuttavia, quanti editori – ma anche direttori di musei, galleristi, o artisti – rimpiangerebbero di avere un pubblico globale di affezionati, pronti a ricevere, condividere e difendere prodotti e valori con questa passione?”
Immagine: Female Drow and Iced Bow by David Revoy, di David Revoy, CC BY 4.0, attraverso Wikimedia Commons