Geo-Blocking e contenuti audiovisivi in Europa

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Geo-Blocking e contenuti audiovisivi in Europa

Perché dobbiamo realizzare un mercato unico digitale veramente connesso

La risoluzione del Parlamento Europeo offre l’opportunità di chiarire la posizione di Wikimedia Europe riguardo alla pratica del geo-blocking e del suo impatto su Wikipedia e i relativi progetti fratelli.

Articolo di Michele Failla, Wikimedia Europe

Traduzione dall’inglese di Mattia Nappi


 
Introduzione

Martedì 13 dicembre 2023 il Parlamento Europeo ha adottato un’importante relazione di iniziativa sull’attuazione del Regolamento sul geo-blocking  nell’ambito del Mercato Unico Digitale (376 voti a favore, 111 contrari e 107 astensioni). Si tratta della normativa che mira a combattere le restrizioni geografiche ingiustificate e altre forme di discriminazione basate su nazionalità, luogo di residenza o domicilio all’interno dell’UE. L’obiettivo ultimo del regolamento è infatti quello di facilitare le transazioni transfrontaliere online. Questa relazione è importante perché apre la strada a future revisioni del Regolamento sul geo-blocking, anche se non potrà vincolare il prossimo Parlamento che, in linea di principio, potrebbe assumere una posizione diversa sull’argomento. In questo senso, l’articolo 9 del Regolamento prevede una clausola di revisione per poter valutare l’applicaione della legge al fine di, estenderne il campo di applicazione anche all’ambito della fornitura online di contenuti protetti dal diritto d’autore, compresi i contenuti audiovisivi [1].

Difatti, quando il Regolamento venne adottato, un elemento essenziale del compromesso politico era proprio la possibilità di continuare ad attuare il blocco geografico di tali contenuti (come previsto dall’articolo 4, comma .1, lett.b ), al contempo escludendo completamente i contenuti audiovisivi dal campo di applicazione del Regolamento – l’esclusione è prevista all’articolo 1, comma.3, e dal Considerando n. 8, che specifica ulteriormente: “[…] I servizi audiovisivi, compresi quelli il cui principale obiettivo consiste nel fornire accesso alla trasmissione di eventi sportivi, e che sono forniti sulla base di licenze territoriali esclusive, sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento. […]“.

Prima revisione del Regolamento e la sua percezione da parte dei consumatori

Da un lato, i contenuti audiovisivi – essendo questi fortemente protetti dal diritto d’autore – sono soggetti ad un rigido geo-blocking teso a preservare il carattere territoriale del sistema delle licenze che, come viene solitamente affermato, a sua volta garantisce la sostenibilità finanziaria delle produzioni audiovisive e della diversità culturale. D’altra parte invece, i consumatori hanno aspettative molto alte sulla possibilità di accedere ai contenuti oltre i confini nazionali, almeno all’interno dell’UE. Mettere la parola fine alla pratica del geo-blockingper i contenuti audiovisivi equelli protetti da copyright, forniti online, è quindi una questione aperta decisiva per il compimento di un vero e proprio mercato unico digitale europeo.

Questo aspetto emerge anche dalla prima valutazione a breve termine del Regolamento, pubblicata nel novembre 2020, in cui la Commissione ha evidenziato che, nonostante i consumatori desiderino avere accesso transfrontaliero ai contenuti audiovisivi online, la loro accessibilità nei Paesi dell’UE è molto limitata, dato che in media solo il 14% dei contenuti è accessibile oltre confine. Quest’ultima circostanza, prosegue la Commissione, può essere spiegata non solo alla luce del peculiare modello di finanziamento delle produzioni dei contenuti audiovisivi, ma anche perché ai fornitori di tali servizi pongono in essere pratiche commerciali “volte a compartimentare il mercato unico sulla basedelle frontiere nazionali”. Inoltre, la CGUE (Corte di Giustizia dell’Unione Europea) ha esplicitamente sottolineato, nella sentenza della causa C-132/19 Groupe Canal + v Commission, che:secondo la giurisprudenza della Corte, un accordo volto a ristabilire la compartimentazione dei mercati nazionali  può essere tale da pregiudicare l’obiettivo del Trattato diretto a  realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. Pertanto, contratti diretti a compartimentare i  mercati secondo le frontiere nazionali o che rendano più ardua  l’integrazione dei mercati nazionali possono essere considerati, tenuto  conto tanto degli obiettivi che mirano a raggiungere quanto del contesto  economico e giuridico nel quale si inseriscono, quali accordi aventi ad  oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101,  paragrafo 1, TFUE” (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

In altre parole, se vogliamo realizzare un’Europa digitale veramente connessa, in cui i consumatori possano partecipare senza ostacoli alla cultura e accedere a beni e servizi senza tener conto dei confini nazionali,appare evidente che la Commissione dovrebbe presentare una proposta legislativa per estendere l’ambito di applicazione del Regolamento anche ai contenuti audiovisivi nonché a quelli protetti da copyright che vengano forniti per via digitale.

Un’opportunità mancata: i vantaggi di un Mercato Digitale veramente unico

Dal nostro punto di vista, il Parlamento ha perso un’occasione unica per assumere una posizione progressista che rispecchiasse le aspettative dei cittadini. Ciò è accaduto nonostante il testo adottato dalla Commissione per il Mercato Interno e la Protezione dei Consumatori (IMCO) andava chiaramente in questa direzione e il Parlamento, già nel 2021, tenne un dibattito in plenaria in cui aveva formalmente chiesto alla Commissione di adottare una proposta legislativa in tal senso.

La commissione IMCO aveva ricordato come “la Commissione fosse tenuta a presentare una relazione sulla valutazione del regolamento sui blocchi geografici e raccomanda[va] di corredarla di una revisione completa del regolamento sui blocchi geografici entro il 2025, con particolare riferimento all’inclusione dei servizi audiovisivi nell’ambito di applicazione del regolamento”.  Inoltre, la stessa Commissione IMCO invitava la Commissione europea a “finanziare una selezione di film europei emblematici da rendere disponibili online in tutti i paesi e in tutte le lingue mediante i programmi Europa Creativa e MEDIA”. Al contempo, esprimeva “preoccupazione per il fatto che i blocchi geografici si verific[hi]no anche nel caso di produzioni audiovisive finanziate o cofinanziate dal programma MEDIA dell’UE e ritiene[ndo]che, quando si utilizzano i fondi dell’Unione per finanziare contenuti audiovisivi, a nessun cittadino dell’UE dovrebbe essere impedito di accedervi”.

La relazione finale non contiene tutti questi riferimenti e, al contrario, include ora un considerando specifico (lettera “I”) in cui si afferma che “il mantenimento dei blocchi geografici per le opere tutelate dal diritto d’autore o altri beni protetti è uno dei principali strumenti per garantire la diversità culturale ” e il corrispondente paragrafo 24, in cui si specifica che “l’inclusione dei servizi audiovisivi nell’ambito di applicazione del regolamento sui blocchi geografici comporterebbe una significativa perdita di entrate, mettendo a rischio gli investimenti in nuovi contenuti, erodendo nel contempo la libertà contrattuale e riducendo la diversità culturale nella produzione, nella distribuzione e nella presentazione dei contenuti “. Ci si potrebbe legittimamente chiedere: cui prodest l’apptovazione di tutti questi emendamenti?

Certamente non ai cittadini europei, che non vedono l’ora di accedere senza ostacoli ai contenuti culturali e audiovisivi oltre confine, servendosi così di un vero e proprio mercato unico digitale europeo. La proposta di modifica faciliterebbe l’accesso all’informazione, alla conoscenza e ai contenuti culturali all’interno dell’UE, rafforzando così il loro diritto fondamentale alla libertà di espressione e di informazione, come sancito dall’articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali.

I cittadini europei non possono essere visti esclusivamente come consumatori, soprattutto se si pensa agli effetti negativi concreti che tale esclusione ha sulla possibilità di realizzare una vera e propria sfera pubblica europea. E tutti sanno quanto l’Europa ne abbia disperatamente bisogno, perché contribuirebbe a ridurre il divario tra i suoi cittadini e le Istituzioni.

Wiki Loves Broadcast

Un’idea di come potrebbe essere fatta questa sfera pubblica europea è offerta dal pionieristico progetto chiamato Wiki Loves Broadcast. Si tratta di un progetto lanciato nel 2016 dalla comunità tedesca di Wikipedia e si basa sull’idea di fondo che i contenuti finanziati con denaro pubblico debbano essere liberamente utilizzabili dal pubblico, sfruttando le licenze libere (ad es. CC BY-SA 4.0). In fin dei conti, questi contenuti sono un bene comune per i quali il pubblico ha pagato. Partendo proprio da questo modello, nel 2019 Terra X (rete ZDF), uno dei più prestigiosi programmi documentaristici della televisione tedesca, ha iniziato a rilasciare brevi video sotto licenza libera Creative Commons (per lo più CC BY 4.0). Da quel momento, 392 video sono stati rilasciati e caricati sul database dei media liberi Wikimedia Commons. La quasi totalità di questi video è stata pubblicata su Wikimedia Commons. La quasi totalità di questi video è stata inserita in articoli di Wikipedia, ottenendo un totale di oltre 98 milioni di visualizzazioni. Ciò significa che tutti i cittadini dell’UE possono accedere e utilizzare liberamente questi contenuti di alta qualità. Seguendo questo esempio, nel 2022 anche la Tagesschau (rete ARD) ha iniziato a pubblicare brevi clip animate sotto licenza libera Creative Commons (CC BY-SA 4.0). In questo altro caso, in totale sono stati pubblicati e caricati su Wikimedia Commons 90 video, che hanno già ottenuto un totale di oltre 1,6 milioni di visualizzazioni ad oggi.

Questi progetti mostrano un modo concreto di come l’UE possa realizzare una vera e propria sfera pubblica digitale europea. L’inclusione delle opere protette dal diritto d’autore e dei servizi di media audiovisivi nell’ambito di applicazione del Regolamento di sicuro faciliterà e incoraggerà la creazione di questo tipo di collaborazioni sia con altre emittenti pubbliche, ma forse anche con quelle private, sbloccando così tutto il   potenziale delle partnership tra pubblico e privato.

Conclusioni

Riteniamo che i cittadini europei non debbano più subire una limitazione anacronistica delle loro possibilità di accesso alla conoscenza, all’informazione e ai contenuti culturali. Questo è il miglior antidoto per rendere l’UE più vicina ai suoi cittadini, combattere la disinformazione, diffondere contenuti di qualità e, infine, preservare la diversità culturale. I legislatori non possono abdicare al loro ruolo, anche perché – se ciò avverrà – la Corte di Giustizia ha già dimostrato, in altre circostanze, di essere pronta ad intervenire per colmare una tale lacuna.

Note

[1] Ciò appare evidente dalla dichiarazione della Commissione che accompagna il Regolamento, dove si specifica che “Nell’ambito della valutazione, la Commissione eseguirà anche un’analisi sostanziale della fattibilità e dei potenziali costi e benefici derivanti da eventuali modifiche all’ambito di applicazione del regolamento, […]. La Commissione analizzerà attentamente anche se in altri settori, compresi quelli non trattati dalla direttiva 2006/123/CE che non rientrano neanche nell’ambito di applicazione del regolamento a norma del suo articolo 1, comma 3, come i servizi nel settore dei trasporti e i servizi audiovisivi, debbano essere eliminate eventuali restrizioni ingiustificate rimanenti basate sulla nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento.
Qualora la valutazione giunga alla conclusione che l’ambito di applicazione del regolamento debba essere modificato, la Commissione la correderà conseguentemente di una proposta legislativa.
“.

Immagine: Netflix Blocked – Geo Blocking For Netflix Account, di mikemacmarketing, CC BY 2.0, da Wikimedia Commons