Wikimedia Italia e Creative Commons Italia hanno inviato oggi alle commissioni II, VIII, V, X e XIV del Senato le proprie osservazioni sullo schema di decreto legislativo in attuazione della Direttiva Europea 2019/790.
Come in passato, il tema centrale è sempre il diritto d’autore e i diritti connessi sul mercato unico digitale. L’obiettivo di Wikimedia Italia e Creative Commons Italia rimane quello di semplificare il quadro legislativo, in linea anche con le indicazioni europee, per favorire la condivisione di risorse online e la conoscenza libera.
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Opere delle arti visive e beni culturali
Il documento di Wikimedia Italia e Creative Commons Italia invita a non fare distinzione di disciplina tra le opere delle arti visive in pubblico dominio e i beni culturali pubblici in pubblico dominio, che non gioverebbero della nuova disciplina legislativa. Come si spiega nella lettera:
Tale approccio risulterebbe incompatibile con lo spirito del legislatore europeo che riconosce come: “nel settore delle arti visive, la circolazione di riproduzioni fedeli di opere di dominio pubblico favorisce l’accesso alla cultura e la sua promozione e l’accesso al patrimonio culturale” (Cons. 53, dire. 790/2019).
Un’interpretazione in linea con l’intento della direttiva, anche per ciò che concerne l’incentivo della diffusione transfrontaliera delle opere delle arti visive in pubblico dominio, non si pone in contrasto, ma anzi è concomitante, alla facoltà degli istituti di chiedere un compenso per la fornitura di copie digitalizzate ad alta risoluzione.
La ratio della direttiva è, infatti, proprio quella di favorire la diffusione transfrontaliera delle immagini di opere d’arte in pubblico dominio, chiamando espressamente in causa le opere conservate negli istituti di tutela. Il bene culturale, inoltre, non è solo un’opera storico artistica o architettonica (e quindi opera d’arte visiva) ma può essere anche un bene bibliografico, un bene archivistico o un oggetto della cultura materiale la cui riproduzione è già priva di qualsiasi tutela autoriale ai sensi dell’art. 87 LdA. A maggior ragione i beni culturali non dovrebbero essere perciò esclusi dall’applicazione della norma.
A giugno, inoltre, la Commissione Cultura della Camera aveva approvato la risoluzione sulla riproduzione dei beni culturali con la quale l’attuale schema di decreto si troverebbe ad essere in conflitto in alcuni punti, come evidenziato nella lettera.
Opere fuori commercio
Un altro punto importante riguarda la definizione di opere fuori commercio, proponendo di includere in questa definizione anche le opere che non sono mai state in commercio, per semplificare e favorire le attività di condivisione online di molti documenti per archivi e altri istituti.
Si evidenzia, infatti, che ricomprendere nella definizione di opere fuori commercio anche opere che in commercio non sono mai state, permetterebbe agli istituti di avviare senza ambiguità ampi progetti di digitalizzazione di documentazione archivistica, composta ad esempio da elaborati progettuali, opere della grafica o manoscritti inediti. Modificare la definizione in tal senso, dunque, renderebbe massimamente efficace l’eccezione, che altrimenti avrebbe una portata limitata, penalizzando i progetti di digitalizzazione di biblioteche e archivi italiani.
Con specifico riferimento alla definizione di “opera fuori commercio”, il termine di presunzione andrebbe ridotto da dieci anni a tre, almeno in relazione alle opere scientifiche che, per loro natura, possono essere qualificate come fuori commercio molto prima del periodo decennale, senza che l’individuazione di ulteriori requisiti sia rimandata ad un successivo decreto del Ministero della cultura. Contrariamente, le opere letterarie a carattere scientifico rimarrebbero ingiustificatamente fuori dal meccanismo della norma per un lasso di tempo eccessivamente lungo.